La prima “fake news” risalirebbe al V secolo avanti Cristo quando, nel corso della guerra del Peloponneso, il generale Pausania manifestò attraverso una lettera (in realtà mai scritta), l’intenzione di tradire i greci e passare al servizio di Serse, re di Persia. In virtù di questo documento falso il generale spartano fu considerato colpevole di alto tradimento. Lo racconta il prof. Luciano Canfora che si rifà alla fonte antica di Tucidide.
Per molti secoli le lettere sono state il medium più facilmente falsificabile, almeno fino all’invenzione e la diffusione dei giornali. Ma è nell’attuale era della comunicazione digitale che la capacità umana di produrre informazione è enormemente aumentata e, di pari passo, è cresciuta la produzione e la diffusione di quelle che definiamo “bufale” o fake news. Ciò che è restato costante dai tempi della Grecia classica è che il propagarsi di queste notizie sfrutta la capacità di creare divisioni e contrapposizioni, agendo sui sentimenti più elementari e istintuali dell’uomo come la paura, l’odio o la passione per qualcosa o qualcuno.
L’incremento esponenziale del fenomeno ha certamente a che fare, a partire dagli anni Duemila, con l’esposizione a una quantità di informazioni senza precedenti, prodotte anche dagli stessi utenti, con il risultato di avere un sovraccarico di dati che spesso sfocia nell’incapacità di distinguere il vero dal falso.
Il fenomeno riguarda gli argomenti più disparati ma è evidente che, facendo leva sulle pulsioni più forti degli esseri umani, l’argomento salute è uno dei campi nei quali è più facile suscitare clamore e diffondere notizie ingannevoli.
Essere reperibili nella rete
Gli utenti sempre più spesso effettuano la scelta di un medico o di un centro diagnostico o di riabilitazione tramite ricerca sul web (motori di ricerca o social). La struttura sanitaria, il poliambulatorio o lo specialista che decida di non essere presente in internet o che abbia recensioni negative, perderà certamente delle opportunità di lavoro. Senza contare che probabilmente in rete ci finirà lo stesso, anche contro la sua volontà!
Appare quindi evidente la necessità di dotarsi di strumenti tecnologici in grado di migliorare la comunicazione con i propri pazienti, al fine di comunicare più efficacemente con loro, fidelizzarli e spingerli quindi a dichiarare il proprio apprezzamento con una recensione sui numerosi portali e aggregatori liberamente consultabili. Un software gestionale efficiente è la soluzione più corretta per avviare questo dialogo con i pazienti.
Nel caso del software sanitario CGM XMEDICAL, c’è la possibilità di combinarlo con l’app XINFO e impostare comunicazioni social o promozioni. Il paziente sempre aggiornato in maniera personalizzata su appuntamenti e altre questioni operative; ma il sistema si apre anche verso l’esterno con la possibilità di consultare l’area news dello studio medico, aggiornabile direttamente tramite il programma informatico CGM XMEDICAL.
La salute sui motori di ricerca
Del resto l’accesso alla rete è ormai alla portata della quasi totalità della popolazione italiana che sa di poter trovare un’enorme mole di informazioni su qualunque argomento; è quindi naturale che il singolo cittadino proverà a cercare, senza spostarsi da casa, le risposte ai propri dubbi anche di carattere sanitario.
Tutto ciò non poteva che aumentare durante i periodi di isolamento e di maggiore difficoltà di accesso agli studi medici dovuti alla pandemia tuttora in atto. L’utilizzo dei motori di ricerca per avere risposte non solo sul Covid-19, ma su molte altre situazioni che avrebbero meritato probabilmente un incontro con il proprio medico curante o con uno specialista sono notevolmente incrementati.
Del resto “Dottor Google”, come qualcuno ormai lo definisce, è sempre disponibile: non ha orari di studio, lo si consulta comodamente dal divano, è praticamente onnisciente e velocissimo nel dare le risposte ai propri dubbi o quesiti diagnostici, illudendo il paziente di poter arrivare così autonomamente ad una diagnosi.
Sono molti i medici, infatti, che lamentano che spesso i pazienti arrivano da loro con una diagnosi già in tasca, chiedendo farmaci e terapie, della quali sono talmente convinti; e per il professionista con oltre un decennio di studi alle spalle, può addirittura diventare difficile scardinare le certezze acquisite da questi utenti online.
False diagnosi pericolose
La convinzione che una notizia online debba essere vera, specie quando si tratta di salute, produce alcuni degli effetti estremamente dannosi. Non solo svaluta la professionalità del medico, ma convince il paziente di avere patologie spesso più gravi rispetto alla realtà o, circostanza probabilmente anche peggiore, a sottovalutare sintomi apparentemente di poca importanza sentendosi rassicurati da un sito che consiglia di assumere acqua e limone.
La questione non è di facile risoluzione. I medici sono consapevoli del fatto che non potranno mai battere internet in velocità e comodità e che questo utilizzo della rete, avviato dalle generazioni più giovani qualche anno fa s’è ormai diffuso anche tra gli anziani, e non potrà che continuare a essere ben presente nella vita di tutti.
La sfida diventa quindi un’altra: quella di far comprendere, ad esempio, quanto la conoscenza approfondita delle peculiarità del singolo paziente è fondamentale non solo nella valutazione della sintomatologia di ciascuno, ma anche nella prescrizione di esami diagnostici o farmaci che, evidentemente, non possono andar bene per tutti. Nessun sito o algoritmo informatico può sostituire il rapporto medico paziente costruito nel tempo né le competenze acquisite dal medico in anni di studio ed esperienza clinica.
Riconquistare i pazienti
A queste competenze sarà necessario però abbinare nuove capacità di comunicazione e nuove forme di presenza e vicinanza al paziente, perché oggi i medici si trovano di fronte a un paziente diverso rispetto al passato, con il quale non possono più relazionarsi come prima.
Oggi spesso il paziente arriva dal medico avendo già acquisito una serie di informazioni, giuste o sbagliate, che però non possono essere ignorate, perché nascondono una cresciuta voglia di avere informazioni chiare e di comprendere meglio anche le scelte del proprio specialista di fiducia.
Indispensabile, quindi, far sentire la propria presenza ai pazienti, utilizzando tutti i mezzi disponibili, contrastando i rischi della tecnologia con i vantaggi che la stessa tecnologia può dare riuscendo a superare, ad esempio, i limiti fisici dello studio per essere vicini al paziente con altre modalità, anche online.
Le opportunità della digitalizzazione della sanità vanno sfruttate appieno anche tramite le applicazioni di telemedicina già disponibili e che sono oggetto di ulteriori sviluppi in virtù del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e la diffusione di software e sistemi digitali di cartella clinica.
Senza tralasciare le possibilità di utilizzare le attuali tecnologie, consentite da smartphone e tablet.
Utilizzare le stesse armi: presidiare la rete
Il web è chiaramente solo un mezzo attraverso il quale convogliare informazioni che possono essere più o meno attendibili e dunque la battaglia per combattere la disinformazione e le fake news in sanità può essere vinta con la stessa tecnologia che contribuisce a diffonderle.
L’idea è che, a differenza di altri media come la televisione o la carta stampata, internet consente certamente una rapida diffusione di qualunque tipo di informazione non verificata, ma lascia allo stesso modo ampio spazio anche a soggetti autorevoli di presentare la propria “verità”. È lo spazio ideale per cercare di limitare la diffusione delle notizie false, sempre che siano le istituzioni e gli stessi medici a spiegare al paziente la situazione e come riconoscere una notizia attendibile.
Il rischio, infatti, non è tanto quello delle fake news in sanità in quanto tali, ma la ridotta capacità critica dei potenziali pazienti che non sanno distinguere tra bufale e informazioni attendibili; di conseguenza, l’aspetto più preoccupante e che rischia di danneggiare il rapporto medico-paziente è la tendenza a credere a ciò che si sente in televisione o che si trova online.
FNOMCeO: Dottore, ma è vero che…?
L’idea di utilizzare la stessa rete per combattere la disinformazione e le fake news è stata concretizzata, ad esempio, proprio dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (FNOMCeO) che ha creato il sito dottoremaeveroche.it con l’obiettivo di mettere a disposizione dei pazienti un’informazione accessibile e scientificamente solida e ai medici nuovi strumenti di comunicazione.
Il sito, lanciato all’inizio del 2018, nasce proprio dalla domanda che solitamente i pazienti pongono al proprio medico dopo aver trovato delle notizie online; al suo interno un ampio archivio di risposte a domande frequenti divise per argomenti in ordine alfabetico.
Fondamentale, inoltre, la sezione dedicata alla “Navigazione consapevole” nella quale i medici cercano di spiegare, in maniera semplice ed immediata, come interpretare le notizie mediche trovate in rete, indicando anche i criteri per imparare a valutare la qualità del contenuto dei vari siti, con lo scopo di aiutare il cittadino a porsi in modo critico sulla qualità dell’informazione sanitaria online.
L’obiettivo di FNOMCeO è stato anche quello di una ottimizzazione dal punto di vista della Search Engine Optimization (SEO), cioè dell’ottimizzazione per i motori di ricerca per fare in modo che i contenuti fossero facilmente accessibili comparendo in cima alla pagina di Google quando il cittadino si rivolge al web per domande sulla propria salute.
Conclusioni
L’emergenza sanitaria ha complicato il rapporto tra il paziente e l’accesso alle strutture sanitarie; basti pensare alle limitazioni di accesso agli stessi studi medici per evitare la presenza di più persone nelle sale d’attesa o allo stop agli interventi chirurgici non urgenti. D’altra parte, la pandemia ha anche stimolato il ricorso ad altre modalità di contatto, come le applicazioni di messaggistica.
Il percorso dei prossimi anni è segnato da una serie di progetti, come quelli previsti dal PNRR, che porteranno inevitabilmente a una digitalizzazione della sanità e, in particolare, a un notevole incremento delle attività di telemedicina.
Spetta anche agli imprenditori del settore sanitario privato il compito di saper cogliere le opportunità e digitalizzare la propria attività. Un paziente in cerca di risposte (magari su internet) è quasi certamente un paziente che vive uno stato di fragilità e di incertezza riguardo la propria salute. A volte può bastare un gesto banale: l’invio di un promemoria via Whatsapp, una videochiamata invece di una telefonata per trovare la giusta chiave di comunicazione, la semplificazione delle procedure amministrative, per mostrare la propria disponibilità, spiegare il percorso diagnostico e terapeutico, “prendersi cura” del paziente. Tutte cose che un Dottor Google qualsiasi non può fare!
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